Django Unchained


Io con Quentin Tarantino non sono mai andato d'accordo. Nel senso che riconosco la sua bravura nell'aver creato qualcosa di "nuovo" e aver girato un paio di titoli veramente interessanti, ma quando vedo i suoi film, mi sembra sempre di stare con quegli amici geek che continuano a sbrodolarsi addosso tutto quello che sanno e non ti lasciano intervenire, perché tanto le cose le sanno meglio di te. E anzi; ho come l'impressione che il genio creativo e popolare di Tarantino, in questi ultimi anni si sia un bel po' imborghesito, puntando a per far breccia nei cuori dei critici hollywoodiani e dimenticandosi delle sue origini.
Django Unchained riprende i vecchi spaghetti western solo a parole, perché poi nei fatti non c'entra proprio nulla con i vecchi film alla Sergio Leone e la storia è praticamente questa: c'è Jamie Foxx che è bono anche quando gli fanno fare la parte di uno schiavo negro deperito e arriva un cacciatore di taglie tedesco che lo libera e insieme si mettono a catturare spietati fuorilegge e la loro amicizia li porterà a liberare la moglie di Django che lavora come schiava nella casa di Leonardo Di Caprio. Titoli di coda.
Praticamente una versione rivista e corretta di Kill Bill, misto a Bastardi senza Gloria. Il tutto raccontato con la solita ironia da B movie che contraddistingue quasi tutti i film di Tarantino e però con un brodo talmente allungato, da far gridare "noia!" in più momenti.
Ok, la scena del simil Ku Klux Klan che va a cavallo con i cappucci sulla testa è divertente e fa sorridere, ma era proprio necessario farla durare dieci minuti? E stesso discorso per molte altre parti del film, così fine a se stesse da farti dire troppo spesso: "Vabbè, ma quindi?". Anche perché il sommarsi di queste scene inutili, alla fine fanno sì che il film arrivi a durare quasi tre ore e intendiamoci, io non sono contro i film troppo lunghi, ma la durata deve essere anche giustificata da momenti e racconti significative e non da inutili sequenze, messe dentro solo per l'egocentrismo del regista che continua a fare autocitazioni su autocitazioni.
Se il tutto si regge in piedi senza essere soporifero, è grazie all'attentissima e impeccabile colonna sonora, che spazia dal tema musicale Django tratto dal film del 1966, ai 2Pac a Ennio Morricone e ci buttano in mezzo perfino la nostra Elisa. Insomma, un mischione di suoni che detta in questo modo possono sembrare stravaganti, ma che invece sono amalgamati alla perfezione e leggo anche che l'astro nascente Frank Ocean aveva scritto una canzone per il film, ma poi Tarantino l'ha dovuta tagliare perché non riusciva a trovare una scena adatta a quella musica e, considerato il numero di sequenze inutili che ha messo dentro, poteva anche creare una scena per il giovane Frank, che io amo molto.
Insomma, la regia è ottima, come anche i paesaggi e i dialoghi sempre brillanti e gli attori perfetti e senza dubbio è lodevole la tematica della schiavitù e l'accoppiata bianco-nero fa riflettere e subito rimanda a temi politici e discorsi rivolti al razzismo. Ma una volta accese le luci in sala, la sensazione è quella di aver bevuto un litro di tè, fatto utilizzando solo una bustina.

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