Exodus: Dei e Re [recensione]


Dopo la fortunata trilogia de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit e dopo la redditizia trasposizione cinematografica di Hunger Games, anche Ridley Scott decide di portare sul grande schermo un best seller fantasy e sceglie la Bibbia.
In realtà non è il primo che ci racconta la storia di Mosè e c'era stato l'acclamato film del 1956 I Dieci Comandamenti, che vinse anche l'Oscar per gli effetti speciali e ci fu il cartone animato Il Principe d'Egitto con il duetto tra Withey e Mariah e chi sa per quale motivo ogni tanto qualcuno si riappassiona alla noiosa storia di Mosè. Ci riprova Ridley Scott e lui è uno dei quelli che dopo aver dato alla luce capolavori indiscussi come Alien e Blade Runner, gli si perdona un po' tutto e però di vaccate ne ha fatte parecchie e temevo che questo Exodus fosse una cagata cosmica come il Noè di Darren Aronofsky, che si incarta in battaglie alla Signore degli Anelli e devastazione che neanche Armageddon e fortunatamente invece Exodus è un film più calibrato e ragionato, anche se ha fatto andare su tutte le furie Egitto, Emirati Arabi e Marocco per l'eccessiva presenza di attori bianchi nella pellicola e ha fatto rodere il culo a  cristiani, ebrei e musulmani in un colpo solo.
Praticamebte abbiamo il sempre fighissimo Christian Bale che è il fratello di Joel Edgerton e però uno è gallese e l'altro è australiano, ma a nessuno viene il dubbio che i due non siano veri fratelli e secondo loro basta mettersi un po' di matita nera negli occhi, per trasformare tutti in egiziani.
Come se fosse il primo capitolo della saga di un supereroe, Ridley Scott spende un bel po' di tempo a raccontare la vita di Mosè prima di diventare profeta, con una libera interpretazione non riportata nell'esodo, ma avente un qualche fondamento storico e, dopo aver capito quanto buono e saggio fosse Mosè, finalmente arriva il momento in cui incontra Dio.
Apriti cielo.
Dio è raffigurato come un bambino e però sta scritto ovunque che "Dio non ha volto"  e quindi giù con le polemiche. Come se non bastasse Mosè incontra Dio dopo aver battuto la testa e per tutto il film non si capisce se sia vittima di un trauma cranico che gli fa avere delle visioni o se questo dio gli parli veramente e perfino le 10 piaghe d'Egitto sono raccontate in un modo così scientifico che Piero Angela non avrebbe saputo fare di meglio. C'è poi il caso eclatante dell'apertura del Mar Rosso e questo è un miracolo accettato da tutte e tre le religioni islam, cristiani ed ebrei e che invece Scott lo giustifica con la caduta di un meteorite che sconvolge la marea, un po' come a dire: se credi in Dio è stato lui, se non ci credi è quel gran culo di Mosè che si trova sempre nel posto giusto al momento giusto.
La realtà è che Ridley Scott parte dalla vita di Mosè per raccontare una storia di fratelli e un conflitto familiare e questo si capisce quando vediamo che sorvola frettolosamente episodi religiosi importanti come i 10 comandamenti e quando, prima dei titoli di coda, scopriamo che il film è dedicato al fratello Tony Scott, con il quale mi viene il sospetto non debba avere proprio un bellissimo rapporto. A questo punto mi chiedo: c'era bisogno di spendere 140 milioni di dollari e scomodare le Sacre Scritture, per poi raffigurare Mosè come un semplice uomo fragile e dubbioso e incazzato. Oh intendiamoci, il film non è neanche malaccio, ma se voleva parlare di due fratelli uno buono e uno cattivo, tanto valeva raccontare la storia di Gianni e Donatella Versace.

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